Infortuni e malattie professionali: i dati Inail tra Gennaio e Ottobre 2019

Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Istituto tra gennaio e ottobre sono state 534.314 (+0,04% rispetto allo stesso periodo del 2018). In aumento le patologie di origine professionale denunciate, che sono state 51.055 (+2,6%).

Nella sezione “Open data” del sito Inail sono disponibili i dati analitici delle denunce di infortunio – nel complesso e con esito mortale – e di malattia professionale presentate all’Istituto entro il mese di ottobre. Nella stessa sezione sono pubblicate anche le tabelle del “modello di lettura” con i confronti “di mese” (ottobre 2019 vs ottobre 2018) e “di periodo” (gennaio-ottobre 2019 vs gennaio-ottobre 2018).

Gli open data pubblicati sono provvisori e il loro confronto richiede cautele, in particolare rispetto all’andamento degli infortuni con esito mortale, soggetto all’effetto distorsivo di “punte occasionali” e dei tempi di trattazione delle pratiche.

Per quantificare il fenomeno, comprensivo anche dei casi accertati positivamente dall’Inail, sarà quindi necessario attendere il consolidamento dei dati dell’intero 2019, con la conclusione dell’iter amministrativo e sanitario relativo a ogni denuncia.

Nel numero complessivo degli infortuni sono incluse anche le comunicazioni obbligatorie effettuate ai soli fini statistici e informativi da tutti i datori di lavoro e i loro intermediari, compresi i datori di lavoro privati di lavoratori assicurati presso altri enti o con polizze private, degli infortuni che comportano un’assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell’evento.

 

DENUNCE DI INFORTUNIO

Le denunce di infortunio presentate all’Inail entro lo scorso mese di ottobre sono state 534.314, 240 in più rispetto alle 534.074 dei primi 10 mesi del 2018 (+0,04%).

I dati rilevati al 31 ottobre di ciascun anno evidenziano a livello nazionale un incremento solo dei casi avvenuti “in itinere”, nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il luogo di lavoro, che sono passati da 80.534 a  82.535 (+2,5%), mentre quelli “in occasione di lavoro” registrano un calo dello 0,4% (da 453.540 a 451.779).

Nei primi 10 mesi di quest’anno il numero degli infortuni denunciati è diminuito dello 0,4% nella gestione Industria e servizi (dai 422.222 casi del 2018 ai 420.625 del 2019) e dello 0,3% in Agricoltura (da 28.036 a 27.947), mentre è aumentato del 2,3% nel Conto Stato (da 83.816 a 85.742).

A livello territoriale l’analisi evidenzia una diminuzione delle denunce di infortunio sul lavoro nel Nord-Ovest (-0,1%), nel Nord-Est (-0,4%) e al Sud (-0,6%), mentre nel Centro e nelle Isole l’aumento è stato pari, rispettivamente, all’1,2% e allo 0,8%.

Tra le regioni che hanno fatto registrare le flessioni percentuali maggiori spiccano il Molise (-6,4%) e la Valle d’Aosta (-5,1%). Gli incrementi più consistenti sono invece quelli della Sardegna (+3,9%) e dell’Umbria (+2,0%).

Il lieve aumento delle denunce che emerge dal confronto dei primi 10 mesi del 2018 e del 2019 è legato esclusivamente alla componente femminile, che registra un +0,6% (da 188.785 a 189.945 denunce), a differenza di quella maschile, in diminuzione dello 0,3% (da 345.289 a 344.369).

Per i lavoratori extracomunitari si registra un incremento degli infortuni denunciati pari al 4,9% (da 66.167 a 69.429), mentre le denunce dei lavoratori italiani sono in calo dello 0,6% (da 446.694 a 444.051) e quelle dei comunitari dell’1,8% (da 21.211 a 20.832).

Dall’analisi per classi di età emergono aumenti tra gli under 30 (+2,8%) e tra i 55 e 69 anni (+2,7%). In diminuzione del 2,2%, invece, le denunce dei lavoratori della fascia 30-54 anni, nella quale rientra oltre la metà dei casi registrati.

 

CASI MORTALI

Le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’Istituto entro il mese di ottobre sono state 896, 49 in meno rispetto alle 945 dei primi 10 mesi del 2018 (-5,2%).

La flessione non è rassicurante, in quanto legata soprattutto agli “incidenti plurimi”, con cui si indicano gli eventi che causano la morte di almeno due lavoratori, che per loro natura ed entità possono influenzare l’andamento del fenomeno.

È proprio quello che è accaduto tra gennaio e ottobre dello scorso anno, quando gli incidenti plurimi sono stati 21 e hanno causato 76 vittime, più del doppio dei 34 lavoratori che hanno perso la vita nei 16 incidenti plurimi avvenuti nei primi 10 mesi di quest’anno.

Il raffronto appare quindi poco significativo, se si considera che la metà dei 76 decessi in incidenti plurimi dei primi 10 mesi del 2018 è avvenuta nel solo mese di agosto, funestato soprattutto dai due incidenti stradali occorsi in Puglia, a Lesina e Foggia, in cui hanno perso la vita 16 braccianti, e dal crollo del ponte Morandi a Genova, con 15 casi mortali denunciati all’Inail. Nel mese di agosto di quest’anno, invece, non sono stati registrati eventi di uguale drammaticità.

A livello nazionale, dai dati rilevati al 31 ottobre di ciascun anno, emerge una riduzione di 55 denunce per i casi mortali occorsi “in itinere” (da 297 a 242) e un aumento di sei denunce per quelli avvenuti “in occasione di lavoro” (da 648 a 654).

Il decremento ha interessato solo la gestione Industria e servizi, con 53 denunce mortali in meno (da 814 a 761), mentre l’Agricoltura ha presentato quattro casi in più (da 115 a 119), e il Conto Stato lo stesso numero di decessi in entrambi i periodi (16).

L’analisi territoriale mostra una diminuzione delle denunce di infortuni con esito mortale nel Nord-Ovest (da 260 a 232), nel Nord-Est (da 235 a 209) e al Sud (da 203 a 190), e un aumento nel Centro (da 174 a 185) e nelle Isole (da 73 a 80).

A livello regionale spiccano i decrementi rilevati in Liguria e Veneto (rispettivamente 24 e 18 decessi in meno) e gli incrementi nel Lazio (+11), nelle Marche e in Sicilia (+10 per entrambe).

L’analisi di genere, nel confronto tra i primi 10 mesi del 2019 e del 2018, mostra un andamento decrescente per entrambi i sessi: 43 casi mortali in meno per gli uomini (da 863 a 820) e sei in meno per le donne (da 82 a 76).

Segno meno anche per le denunce di infortunio con esito mortale dei lavoratori italiani (da 787 a 733) ed extracomunitari (da 114 a 112), mentre tra i comunitari si registrano sette casi in più (da 44 a 51). 

L’analisi per classi di età mostra flessioni tra gli under 20 (-7 decessi), nella fascia 30-44 anni (-38) e in quella 55-69 anni (-56), a fronte di sei morti in più per i lavoratori tra i 20-29 anni e di 49 in più per quelli tra i 45 e i 54 anni.

 

DENUNCE DI MALATTIA PROFESSIONALE

Le denunce di malattia professionale protocollate dall’Inail nei primi 10 mesi di quest’anno sono state 51.055, 1.295 in più rispetto allo stesso periodo del 2018 (+2,6%).

Le patologie denunciate sono aumentate solo nella gestione Industria e servizi, da 39.368 a 40.989 (+4,1%), mentre sono diminuite in Agricoltura, da 9.835 a 9.530 (-3,1%), e nel Conto Stato, da 557 a 536 (-3,8%).

A livello territoriale, l’aumento ha riguardato il Nord-Est (+0,6%), il Centro (+2,7%), il Sud (+2,6%) e le Isole (+10,5%). Il Nord-Ovest, invece, si distingue con un calo pari allo 0,8%.

In ottica di genere le denunce di malattia professionale sono state 476 in più per le lavoratrici, da 13.324 a 13.800 (+3,6%), e 819 in più per i lavoratori, da 36.436 a 37.255 (+2,2%).

In crescita sia le denunce dei lavoratori italiani, che sono passate da 46.541 a 47.502 (+2,1%), sia quelle dei comunitari, da 1.032 a 1.200 (+16,3%), ed extracomunitari, da 2.187 a 2.352 (+7,5%).

Le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo (31.457 casi), del sistema nervoso (5.490, con una prevalenza della sindrome del tunnel carpale) e dell’orecchio (3.552) continuano a rappresentare le prime tre malattia professionali denunciate, seguite da quelle del sistema respiratorio (2.313) e dai tumori (2.017).

Sono state inoltre protocollate 380 denunce di malattie professionali legate ai disturbi psichici e comportamentali e 344 per quelle della cute e del tessuto sottocutaneo. I casi di patologie del sistema circolatorio sono invece 206.

 

Denunce di infortunio con esito mortale per modalità di accadimento: 

 

Fonti

TESTO:  Inail, comunicati stampa – https://www.inail.it/cs/internet/comunicazione/sala-stampa/comunicati-stampa/com-stampa-open-data-ottobre-2019.html

IMMAGINI:  Dati inail, elaborazione a cura dell’Osservatorio sicurezza sul lavoro Vega Engineering – https://www.vegaengineering.com/osservatorio-sicurezza-sul-lavoro-infortuni-mortali/

RATING DI LEGALITA’: Come ottenerlo e come aumentarlo

L’articolo 5-ter del Decreto Legge 24 gennaio 2012, n. 1 ha introdotto il Rating di legalità, ossia un indicatore del rispetto di elevati standard di legalità da parte delle imprese che ne abbiano fatto richiesta e, più in generale, del grado di attenzione riposto nella corretta gestione del proprio business.

A cosa serve il Rating di legalità?

Le aziende che conseguono il Rating di legalità possono fruire di numerosi vantaggi economici e finanziari:

  • benefici in sede di emanazione di bandi o di concessioni di finanziamenti da parte delle Pubbliche Amministrazioni (preferenza in graduatoria, punteggi aggiuntivi, quota delle risorse finanziarie allocate);
  • benefici in sede di accesso al credito bancario (tempistiche ed oneri ridotti in merito a richieste di finanziamenti bancari);
  • agevolazioni per la partecipazione a gare di appalti pubblici (riduzioni degli importi di garanzia e criteri premiali nella valutazione dell’offerta ai sensi degli artt. 93, 95 e 213 del nuovo Codice degli Appalti).

Oltre ai benefici di natura economica, il Rating di legalità permette alle aziende di godere di numerosi vantaggi competitivi:

riconoscimento ufficiale del valore etico dell’impresa, i cui effetti vanno a supportare l’immagine dell’azienda;
maggiori opportunità di business;
maggiore trasparenza e visibilità sul mercato.

Chi può richiedere il Rating di legalità?

L’attribuzione del rating può essere richiesta dalle imprese in forma individuale o collettiva che soddisfino cumulativamente i seguenti requisiti:

  • sede operativa in Italia;
  • fatturato minimo di due milioni di euro nell’esercizio chiuso nell’anno precedente a quello della domanda;
  • iscrizione al registro delle imprese da almeno due anni alla data della domanda;
  • rispetto dei requisiti sostanziali richiesti dall’articolo 2 del Regolamento attuativo in materia di rating di legalità adottato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM).

Come si ottiene il Rating di legalità?

L’impresa che intende ottenere il Rating di legalità deve presentare all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato apposita domanda sottoscritta dal Legale Rappresentante e redatta mediante compilazione del formulario pubblicato sul sito dell’Autorità. L’inoltro della domanda deve avvenire per via telematica secondo le indicazioni fornite sul sito dell’Autorità.

Il Rating di legalità è rilasciato dall’AGCM, ha validità di due anni e può essere rinnovato su richiesta dell’impresa interessata. Tale riconoscimento prende la veste di un punteggio in stelle compreso tra un minimo di una e un massimo di tre ★★★.

L’impresa richiedente ottiene il punteggio base, pari a una stella, qualora rispetti tutti i requisiti di cui all’articolo 2 del Regolamento attuativo in materia di rating di legalità adottato dall’AGCM. Il punteggio base potrà essere incrementato di un + per ogni requisito aggiuntivo che l’impresa rispetta tra quelli previsti all’art. 3 del Regolamento; il conseguimento di tre +++ comporta l’attribuzione di una stelletta aggiuntiva, fino a un punteggio massimo di tre stelle.

Come si aumenta il Rating di legalità?

Per aumentare il punteggio di Rating di legalità l’impresa deve possedere una serie di requisiti premiali, tra i quali:

  • adozione di un Modello Organizzativo di Gestione (MOG) ai sensi del Decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231;
  • adozione di processi volti a garantire forme di Responsabilità sociale d’impresa come, ad esempio, le certificazioni ISO 14001:2015, BS OHSAS 18001:2007 prossimamente sostituita con la norma UNI EN ISO 45001:2018 e SA 8000:2014;
  • adozione di modelli organizzativi di prevenzione e di contrasto alla corruzione come, ad esempio, la certificazione ISO 37001:2016.

Secondo un’indagine dell’AGCM, al 31 dicembre 2018 erano oltre 6.000 le imprese che avevano ottenuto il Rating di Legalità, e maggiore è il punteggio ottenuto maggiori sono i vantaggi.

In questo contesto, STUDIO QUALITY S.r.l. a socio unico mette a disposizione i suoi professionisti per fornire supporto alle Organizzazioni che vogliano ottenere ed aumentare il Rating di Legalità.

Rischio stress lavoro-correlato

Cos’è e come valutare il rischio stress da lavoro correlato

Lo stress da lavoro correlato è la percezione di squilibrio che un lavoratore avverte (mediante sintomi fisici, psichici e sociali che incidono sulla qualità della vita) quando le sue capacità non sono commisurate alle richieste dell’ambiente lavorativo.

Tale condizione di stress lavoro-correlato, che non va confusa con il mobbing, comporta una serie di adattamenti forzati nell’organismo umano, che se protratti nel tempo, posso trasformarsi in vera e propria patologia.

Nel 2004, l’Accordo Europeo sullo stress lavoro correlato ha definito lo stress come “una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative riposte in loro“.

In Italia, il vigente quadro normativo, costituito dal D.lgs. 81/2008 e s.m.i., obbliga i Datori di lavoro a valutare e gestire il rischio stress lavoro-correlato al pari di tutti gli altri rischi, in recepimento dei contenuti dell’Accordo europeo e delle indicazioni metodologiche deliberate attraverso la circolare del 18/11/2010 della Commissione Consultiva Permanente, che impone l’obbligo per i Datori di lavoro di ripetere tale valutazione con una frequenza non inferiore ai tre anni.

L’obiettivo principale di tale valutazione del rischio stress lavoro-correlato auspica l’identificazione di eventuali criticità relative a quei fattori di Contenuto del lavoro (carico di lavoro, orario, pianificazione dei compiti, ecc.) e Contesto del lavoro (ruolo, autonomia decisionale, rapporti interpersonali, ecc.) presenti in ogni tipologia di azienda e organizzazione.

Un’analisi dettagliata delle criticità, dovrebbe condurre ad un’adeguata gestione del rischio con conseguente miglioramento del contesto lavorativo e dei livelli di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, avendo un impatto positivo sulla competitività aziendale e sulla qualità dei prodotti e dei servizi erogati.

Rischio stress da lavoro correlato: cosa fare

La valutazione del rischio stress lavoro-correlato prevede il coinvolgimento attivo dei lavoratori e delle figure preposte alla prevenzione, ed è articolato in 4 fasi principali:

Fase propedeutica: preparazione organizzativa delle attività di valutazione del rischio.

Valutazione preliminare: valutazione preliminare degli eventi e del Contenuto e Contesto del lavoro, attraverso un’apposita lista di controllo.

Valutazione approfondita: rilevazione delle percezioni dei lavoratori riguardo gli aspetti di Contenuto e Contesto del lavoro; Tale fase va obbligatoriamente intrapresa qualora l’esito della valutazione preliminare abbia rilevato la presenza, in uno o più gruppi omogenei, di una condizione di rischio stress da lavoro correlato e gli interventi correttivi attuati non abbiano ottenuto l’effetto di abbattimento del rischio.

Pianificazione degli interventi: Sviluppare e pianificare una strategia d’intervento per evitare che l’eventuale situazione di rischio crei danno ai lavoratori e all’azienda.

 

Per agevolare e sostenere le aziende nella realizzazione di queste attività, l’Inail ha messo a disposizione gli strumenti necessari, attraverso apposita piattaforma online, per una corretta valutazione e gestione dello stress lavoro-correlato.  https://www.inail.it/cs/internet/attivita/ricerca-e-tecnologia/area-salute-sul-lavoro/rischi-psicosociali-e-tutela-dei-lavoratori-vulnerabili/rischio-stress-lavoro-correlato.html

Per saperne di più, contattaci per una consulenza professionale.

VIDEOSORVEGLIANZA: Cambia il cartello di avviso della presenza di telecamere

Numerosi sono gli interventi intercorsi nell’ultimo anno in materia di protezione dei dati personali. Tra questi ultimi non mancano le novità in merito all’utilizzo di impianti di videosorveglianza.

Se in azienda sono infatti presenti delle videocamere, è necessario intervenire ad aggiornare la cartellonistica di riferimento che ne segnala la presenza.

La cartellonistica (che dovrà essere collocata prima del raggio di azione della telecamera, nelle sue immediate vicinanze e non necessariamente a contatto con gli impianti) dovrà presentare determinate caratteristiche ed elementi aggiuntivi rispetto a quelli precedentemente previsti come necessari, tra questi:

  1. Titolare del Trattamento (Ragione sociale, sede)
  2. Finalità della videosorveglianza
  3. Fondamento giuridico
  4. Tempi di conservazione delle immagini
  5. Diritti degli interessati

Il formato ed il posizionamento devono inoltre garantire la chiara visibilità in ogni condizione di illuminazione ambientale, anche quando il sistema di videosorveglianza sia eventualmente attivo in orario notturno.

Nuova cartellonistica di riferimento

 

Si ricorda che, per installare ed utilizzare sistemi di videosorveglianza in ambito aziendale, in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, deve essere obbligatoriamente redatta (ai sensi dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori – Legge 300/1970) apposita istanza di autorizzazione, da presentare all’attenzione dell’Ispettorato del Lavoro. Tale incombenza è prevista anche qualora le telecamere siano installate all’esterno dell’edificio e/o le immagini non vengano registrate.

 

Per agevolarvi nella gestione delle pratiche necessarie e permettervi di gestire l’adeguamento dovuto alla normativa privacy, Vi invitiamo a contattarci per ricevere maggiori informazioni dai nostri tecnici.

TUTELARE LA PROPRIA AZIENDA CON Il MODELLO ORGANIZZATIVO 231

Mediante il Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231 è stata introdotta nel nostro ordinamento la disciplina della RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DELLE PERSONE GIURIDICHE, ossia DELLE SOCIETÀ e DELLE ASSOCIAZIONI anche prive di personalità giuridica.

Il Legislatore ha previsto che ogni ente viene esposto ad una responsabilità diretta in relazione a determinati reati, specificamente individuati dal Decreto, commessi a suo vantaggio o nel suo interesse da soggetti che ricoprono posizioni apicali, da dipendenti o da collaboratori, anche esterni, nell’esercizio delle attività d’impresa. Questa particolare ed incisiva forma di responsabilità a carico delle persone giuridiche si aggiunge al quella penale della persona fisica, in quanto autrice materiale del reato.

Il Decreto stabilisce che una società priva di un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo (MOG) può essere destinataria di gravi e pesanti conseguenze per i reati commessi a suo interesse o a suo vantaggio. Va infatti precisato che oltre alle sanzioni pecuniarie, rilevanti sono le sanzioni interdittive applicabili anche in via cautelare nel corso delle indagini predisposte dalle autorità giudiziarie. Pertanto può essere disposta l’interdizione dalla contrattazione con la Pubblica Amministrazione, la sospensione o la revoca di licenze, l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti bandi, la pubblicazione della sentenza sino alla possibile chiusura dell’azienda o di un suo ramo. Inoltre in caso di condanna viene sempre disposta la confisca del prezzo o del profitto del reato.

Al fine di evitare le gravi conseguenze derivanti dalla commissione di un reato presupposto il D.Lgs. 231/01 individua una serie misure e strumenti a favore delle Aziende. Il Decreto prevede infatti la possibilità di adottare di un modello organizzativo, di gestione e controllo (MOG) che, seppure non obbligatorio, quando efficacemente predisposto ed attuato prima della commissione del fatto, impedisce o riduce l’applicazione delle sanzioni a carico dell’impresa, costituendo esimente per la responsabilità amministrativa.

A completare l’intero assetto delle condizioni necessarie per l’esonero di responsabilità intervengono ulteriori elementi, ossia:

la nomina da parte dell’organo direttivo di un Organismo di Vigilanza che si occupi del controllo costante, dell’adeguatezza e della corretta applicazione del MOG;

– la previsione di sanzioni disciplinari per la mancata applicazione del modello.

Pertanto, l’adozione di Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo, oltre a ridurre il pericolo per l’Azienda di incorrere in significative sanzioni e consolidare l’immagine aziendale dal punto di vista della correttezza delle procedure e del rispetto delle norme, può apportare una serie di vantaggi:

POSSIBILITÀ DI PARTECIPARE A BANDI, APPALTI E GARE PUBBLICHE che pongano l’adozione del modello organizzativo 231 come requisito per l’accesso;

POSSIBILITÀ DI OTTENERE L’ACCREDITAMENTO PRESSO STRUTTURE PUBBLICHE (ad es. sanitarie) che pongano come requisito essenziale l’adozione del modello organizzativo 231;

OTTIMIZZAZIONE DEI FLUSSI DI INFORMAZIONE E FORMAZIONE;

EFFICIENZA DEI PROCESSI AZIENDALI E MIGLIORAMENTO DELLA GOVERNANCE INTERNA;

COORDINAMENTO DELLE PROCEDURE DI CONTROLLO E CERTIFICAZIONE;

MONITORAGGIO DELLA CONFORMITÀ DELL’IMPRESA alla normativa di settore.

L’Azienda che per tutelarsi intende adottare un Modello Organizzativo 231/01 deve necessariamente effettuare un’approfondita, specifica ed accurata analisi dei rischi (Risk Assessment) sui potenziali reati contemplati nel Decreto che potrebbero essere commessi. Un Modello Organizzativo è, infatti, adeguato solo se individua in maniera completa e accurata le aree a rischio reato e se prevede presidi di controllo atti a prevenire il verificarsi di tali reati.

Il percorso di analisi dei rischi si articola in una serie di step:

  • incontro preliminare per definire il perimetro dell’intervento (analisi dei processi, le relative interazioni e i responsabili degli stessi e delle aree aziendali esposte a rischio e i reati che possono essere commessi);
  • predisposizione di una mappa delle attività a rischio, analizzando anche il vigente sistema di controllo interno;
  • redazione di un Rapporto di Risk Assessment che descriverà le criticità evidenziate in sede di analisi dei rischi e potrà evidenziare gli strumenti di controllo idonei al miglioramento della gestione dei rischi. Nel far ciò, si terranno in debita considerazione diversi fattori quali: la natura dell’attività svolta, la normativa applicabile, la propensione al rischio, le condizioni dell’impresa, etc.

In questo contesto, i tecnici dello STUDIO QUALITY SRL svolgono attività di Risk Assessment a supporto delle Organizzazioni che adottano un Modello Organizzativo 231/01.

NUOVI OBBLIGHI F-GAS DAL 25.09.2019

Il D.P.R. 146/2018 “Regolamento di esecuzione del regolamento (UE) n. 517/2014 sui gas fluorurati a effetto serra″ ha introdotto la nuova BANCA DATI PER I GAS FLUORURATI A EFFETTO SERRA E PER LE APPARECCHIATURE CONTENENTI GAS e stabilisce l’OBBLIGO in capo alle IMPRESE CERTIFICATE (o le persone nel caso di imprese non soggette ad obbligo di certificazione) DI COMUNICARE ALLA BANCA DATI le informazioni relative AGLI INTERVENTI DI INSTALLAZIONE, RIPARAZIONE, MANUTENZIONE, CONTROLLO DELLE PERDITE E SMANTELLAMENTO SVOLTI SU APPARECCHIATURE CONTENENTI GAS FLUORURATI, a decorrere dal 25 SETTEMRE 2019.

Tale comunicazione dovrà essere effettuata per ciascun intervento su apparecchiature FGAS (interventi di installazione, manutenzione e riparazione), sulla banca dati https://bancadati.fgas.it/#!/home

Pertanto, dal 25/09/2019 non sarà più necessario registrare gli interventi sui RDL (rapporti di intervento) in formato cartaceo o word, ma dovrà essere utilizzata l’apposita sezione della banca dati. Inoltre non sarà più necessario annotare l’elenco degli interventi, in quanto tutti caricati telematicamente.

Si evidenzia, nell’immagine sotto riportata, la sezione dedicata ove sarà necessario registrare gli interventi.

 

Coloro che vendono i macchinari che installano apparecchi contenti FGAS devono comunicare le vendite già dal 25/07/2019?

Le imprese in possesso di certificato per le attività di installazione, riparazione, manutenzione, assistenza e smantellamento di apparecchiature fisse di refrigerazione, condizionamento d’aria, pompe di calore fisse, apparecchiature di protezione antincendio contenenti FGAS, che forniscono all’utilizzatore finale dette apparecchiature non ermeticamente sigillate provvedendo anche al servizio di installazione, a decorrere dal 25 settembre 2019, dovranno indicare gli estremi della vendita in sede di comunicazione delle informazioni relative all’installazione come previsto dall’articolo 16 c. 4 del d.P.R. n. 146/2018. L’informazione così trasmessa sarà valida ai fini di quanto previsto dall’articolo 16 c. 3 del citato decreto.

Tali imprese, laddove vendano le apparecchiature contenti FGAS agli utilizzatori finali senza fornire il servizio di installazione, dovranno invece comunicare le informazioni relative alle vendite attraverso la Banca Dati FGAS, a decorrere dal 25 luglio 2019.

In tale circostanza dovranno qualificarsi come venditori con apposita pratica, da presentarsi in via telematica attraverso la scrivania raggiungibile a partire dal 10 giugno, dal sito http://bancadati.fgas.it

Per informazioni più dettagliate è possibile consultare la sezione domande frequenti – Banca Dati F-gas all’indirizzo https://www.ecocamere.it/faqs/bancafgas?from=bd.b oppure contattare i nostri uffici ai seguenti recapiti:

  0171 26 02 39
  338 68 00 665

Salute e Sicurezza Alimentare: Nuovo Regolamento UE 625/17 sui Controlli Ufficiali

Due fondamentali Regolamenti relativi ai controlli ufficiali sull’igiene e la sicurezza degli alimenti, il Reg. CE 882/04 e il Reg. CE 854/04 sono stati recentemente abrogati.

L’intero quadro normativo è ora disciplinato dal Regolamento UE 625/2017 in vigore dal 27 Aprile (si applicherà da Dicembre 2019) che, oltre ai suddetti regolamenti, ha abrogato e modificato decine di norme con l’obiettivo semplificare ed armonizzare il sistema di controlli ufficiali in un unico provvedimento integrando i controlli su alimenti, mangimi, salute e benessere degli animali, sanità delle piante e prodotti fitosanitari.

Il presente regolamento mira a stabilire un quadro armonizzato a livello dell’UE per l’organizzazione di controlli ufficiali tenendo conto della pertinente legislazione settoriale.

In considerazione della molteplicità degli aspetti trattati nel nuovo provvedimento, si riportano le principali novità e aggiornamenti previsti per gli Operatori del settore alimentare (OSA).

1. Ampliamento dell’ambito di applicazione e semplificazione dei controlli ufficiali

Il Regolamento si applica ai controlli ufficiali nei seguenti settori relativi a:

  • gli alimenti e la sicurezza alimentare, l’integrità e la salubrità, in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione di alimenti, comprese le norme volte a garantire pratiche commerciali leali e a tutelare gli interessi e l’informazione dei consumatori, la fabbricazione e l’uso di materiali e oggetti destinati a venire a contatto con alimenti;
  • l’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati (OGM) a fini di produzione di alimenti e mangimi;
  •  i mangimi e la sicurezza dei mangimi in qualsiasi fase della produzione, della trasformazione, della distribuzione e dell’uso di mangimi, comprese le norme volte a garantire pratiche commerciali leali e a tutelare la salute, gli interessi e l’informazione dei consumatori;
  • le prescrizioni in materia di salute animale;
  • la prevenzione e la riduzione al minimo dei rischi sanitari per l’uomo e per gli animali derivanti da sottoprodotti di origine animale e prodotti derivati;
  • le prescrizioni in materia di benessere degli animali;
  • le misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante;
  • le prescrizioni per l’immissione in commercio e l’uso di prodotti fitosanitari e l’utilizzo sostenibile dei pesticidi, ad eccezione dell’attrezzatura per l’applicazione di pesticidi;
  • la produzione biologica e l’etichettatura dei prodotti biologici;
  • l’uso e l’etichettatura delle denominazioni di origine protette, delle indicazioni geografiche protette e delle specialità tradizionali garantite.

2. Designazione delle autorità competenti, formazione dei controllori ed esecuzione dei controlli ufficiali

Per ciascuno dei settori indicati, gli Stati membri designano le autorità competenti a cui essi conferiscono la responsabilità di organizzare o effettuare controlli ufficiali e altre attività ufficiali.
I controlli dovranno essere:

  • eseguiti secondo procedure documentate mediante l’elaborazione di una documentazione scritta che, a meno che sia richiesto diversamente a fini di indagini giudiziarie o per la tutela di procedure giudiziarie, dovrà essere fornita in copia agli operatori sottoposti al controllo ufficiale che ne fanno richiesta;
  • effettuati con frequenza opportuna in base alla valutazione del rischio e senza preavviso a meno che non sia necessario ai fini dell’esecuzione del controllo stesso.

Qualunque sia l’autorità competente designata per un settore o sottosettore, essa dovrà agire nel pubblico interesse al fine di eliminare, contenere o ridurre eventuali pericoli di ordine sanitario per l’uomo, gli animali, le piante e l’ambiente.

Il testo normativo prevede che il personale addetto ai controlli ufficiali:

  • riceva una formazione adeguata relativa al proprio ambito di competenza;
  • mantenga aggiornato il proprio ambito di competenza e riceva, se del caso, ulteriore formazione su base  regolare;
  • riceva formazione su temi specifici elencati nel Regolamento stesso quali ad esempio pericoli nel settore della produzione, trasformazione e distribuzione di animali e merci, valutazione dell’applicazione delle procedure HACCP, procedimenti giudiziari e implicazioni dei controlli ufficiali, ecc.

3. Diritto alla controperizia

In caso di campionamento, analisi, prova o diagnosi nel contesto dei controlli ufficiali, gli Operatori del servizio alimentare hanno diritto, a loro spese, ad una controperizia.
Come indicato nel Regolamento UE 625/17 tale diritto “dovrebbe consentire all’operatore di richiedere un esame documentale, a cura di un altro perito, del campionamento, dell’analisi, della prova o della diagnosi iniziale, nonché una seconda analisi, prova o diagnosi delle parti del materiale di campionamento inizialmente prelevato, a meno che tale seconda analisi, prova o diagnosi sia tecnicamente impossibile o irrilevante”.
Per tale motivo, se opportuna, pertinente e tecnicamente fattibile, l’autorità competente assicura che nel prelevare campioni ne sia prelevata una quantità sufficiente per consentire una controperizia e se non è possibile prelevare una quantità sufficiente deve informarne l’operatore.

4. Campionamento di animali e merci messi in vendita venduti online.

Il legislatore europeo ha disposto, in relazione al campionamento di animali e merci messi in vendita a distanza la possibilità di impiegare ai fini di un controllo ufficiale campioni che le autorità competenti ordinano dagli operatori senza svelare la propria identità.
Successivamente, le autorità competenti adottano tutte le misure necessarie affinché gli operatori dai quali sono stati ordinati detti campioni siano informati del fatto che tali campioni sono stati prelevati/analizzati nel contesto di un controllo ufficiale e se possano esercitare il diritto a una controperizia.
La materia è comunque in evoluzione e sarà sicuramente oggetto di ulteriore dettaglio.

5. Pubblicazione del livello di conformità delle singole imprese: il rating dell’operatore

Alle autorità competenti dovrebbe, a determinate condizioni, “essere riconosciuto il diritto di pubblicare o rendere disponibili le informazioni relative al rating dei singoli operatori in base ai risultati dei controlli ufficiali” al fine di accrescere la trasparenza, l’equità e l’obiettività nella filiera agroalimentare.
Per assicurare che il rating rispecchi accuratamente il livello di conformità di un’impresa è previsto che tale classificazione si baserà sui risultati di vari controlli ufficiali, o nel caso di un unico controllo con esito sfavorevole, l’autorità competente dovrà procedere in tempi ragionevoli ai successivi controlli.

Per quanto concerne invece l’attività di ispezione effettuata nei posti di controlli frontalieri, sarà necessario attendere atti delegati e di esecuzione, nonché linee guida per la completa ed omogenea applicazione dello stesso.

 

REGOLAMENTO (UE) 2017/625

MACCHINE AGRICOLE ED OPERATRICI: Concessa la proroga per la Revisione obbligatoria

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, il Decreto di Revisione generale periodica delle macchine agricole ed operatrici, ai sensi degli articoli 111 e 114 del D.lgs. 30/04/1992, n. 285, firmato dal Ministro delle Politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, di concerto con il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti.

Questo provvedimento determina “le basi per un’agricoltura efficiente partendo innanzitutto da un’agricoltura sicura”. Nello specifico infatti è stata concessa la proroga di revisione così da assicurare “migliori controlli nella sicurezza del parco macchine per un settore condizionato spesso da dispositivi obsoleti e garantire la sicurezza degli operatori

La revisione obbligatoria dei trattori e delle macchine agricole è scattata nel 2016, ma per essere concretamente attuata era necessario varare un’ulteriore disciplina tecnica per la quale sono trascorsi i termini prefissati, in quanto i tecnici dei ministeri hanno evidenziato una serie di difficoltà. Di conseguenza, al fine di evitare sanzioni per il mancato rispetto dei termini, il Governo ha deciso di prorogare la scadenza per la revisione obbligatoria.

 

Di seguito, le nuove scadenze della revisione:

  • Veicoli immatricolati entro il 31 dicembre 1983: Revisione entro il 30 giugno 2021
  • Veicoli immatricolati dal 1° gennaio 1984 al 31 dicembre 1995: Revisione entro il 30 giugno 2022
  • Veicoli immatricolati dal 1° gennaio 1996 al 31 dicembre 2018: Revisione entro il 30 giugno 2023
  • Veicoli immatricolati dopo il 1° gennaio 2019: Revisione al 5° anno entro la fine del mese di prima immatricolazione.

 

 

Cassazione Penale: la mancata formazione del proprio personale dipendente è un reato permanente

Una recente sentenza rilancia il tema del “reato di duratarelativo alla permanenza dei reati legati alla violazione del D.lgs. 81/08 (nella fattispecie, in materia di formazione e informazione), collegata al fatto che gli obblighi contenuti nella normativa prevenzionistica sono per lo più obblighi “di durata”.

COSA SI INTENDE PER “REATO PERMANENTE”  E COME QUESTO CONCETTO SI APPLICA AGLI OBBLIGHI DI SALUTE E SICUREZZA?

“Le violazioni della normativa in materia di prevenzione degli infortuni e di igiene nei luoghi di lavoro hanno natura di reato permanente e la situazione antigiuridica si protrae e persiste fino a quando il responsabile non ha provveduto ad adottare le prescritte misure cautelari, ovvero, in difetto, fino a quando il giudice non si sarà pronunciato con sentenza di condanna anche se non passata in giudicato” (Cassazione Penale, Sez.III, 14 dicembre 2011 n.46340).

La Cassazione Penale precisa che “gli obblighi inerenti l’informazione e la formazione del lavoratore sono da ritenersi di durata poiché il pericolo per l’incolumità del lavoratore permane nel tempo.”

L’obbligo di formazione, del resto, non è limitato al solo momento dell’assunzione, ma perdura, in capo al datore di lavoro, nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro. La cessazione della permanenza si verifica solo alla concreta formazione o all’interruzione del rapporto di lavoro.

Se un lavoratore non viene formato o non riceve l’addestramento obbligatorio o i necessari Dispositivi di protezione individuale (DPI) o la vigilanza sul suo operato (etc…), la situazione antigiuridica (quindi il reato commesso dal soggetto su cui grava il corrispondente obbligo) permane e si protrae per tutto il tempo (giorni, settimane, mesi, anni..) in cui perdura il mancato adempimento, a partire dalla data nella quale era scattato tale obbligo e fino a quando tale condizione non cessa.

Il reato di durata (definito così proprio perché a monte vi è un obbligo che persiste nel tempo e non cessa solo per il fatto che viene trascurato o ignorato in virtù di un’inerzia o di altre considerazioni) avrà pertanto effetti giuridici importanti in termini di responsabilità Penale, Civile ed Amministrativa.

FORMARE È IMPORTANTE, MA COME?

Perché un investimento nella formazione abbia dei riscontri positivi concreti, è necessario affidarsi a veri professionisti che offrano ai tuoi dipendenti docenti preparati e competenti e un programma dettagliato per fare acquisire alle risorse conoscenze e competenze che consentiranno loro di svolgere in sicurezza le proprie mansioni.

Corte di Cassazione Penale, Sez.3 – Sentenza n. 26271 del 14 giugno 2019 – Infortunio e omessa formazione. Reato permanente

Bando per la corresponsione di contributi per CERTIFICAZIONI VOLONTARIE

La Camera di commercio di Cuneo, in collaborazione con le associazioni di categoria provinciali, ha deliberato l’apertura di un BANDO A FAVORE DELLE IMPRESE CHE SOSTENGONO SPESE RELATIVE ALLE CERTIFICAZIONI VOLONTARIE DI PRODOTTO E DI PROCESSO. – ANNO 2019.
I fondi a disposizione ammontano complessivamente a €100.000,00.

Sono ammesse a presentare domanda le imprese aventi sede o unità locale cui è riferita l’attività oggetto di contributo in provincia di Cuneo, regolarmente iscritte al Registro Imprese e in regola con il pagamento del diritto annuale. L’impresa deve risultare attiva al momento della liquidazione del contributo ovvero nel caso di conferimento l’impresa subentrante deve risultare in attività.

Ciascuna impresa può presentare una sola domanda di contributo.

REQUISITI

  • Conseguimento o mantenimento delle certificazioni mediante l’intervento di un Organo Notificato, abilitato per Decreto dai Ministeri di competenza;
  • Consulenze necessarie e preventive al superamento dell’audit di conformità sino ad un massimo di € 2.000 di spesa .

SPESE AMMISSIBILI

Sono ammissibili le spese sostenute e fatturate nel periodo compreso tra il 01/01/2019 e il 31/12/2019, nelle tipologie specificate nell’allegato al presente bando. Le spese ammissibili devono essere riferite esclusivamente alla sede e/o unità locali ubicate in provincia di Cuneo. Le spese al netto di Iva, complessivamente sostenute per le voci di cui all’allegato, non devono essere inferiori a €700,00 e dovranno essere inderogabilmente pagate alla data di invio della domanda.

 

Si riporta di seguito il testo integrale del Bando:

BANDO