Dal 1° aprile 2020 cambieranno le regole sulle etichette alimentari. I produttori saranno costretti ad indicare in etichetta l’origine degli ingredienti principali dei loro prodotti solo in alcuni casi.
Attualmente, nel nostro paese, è obbligatorio indicare in etichetta, ad esempio sulle confezioni di alimenti come latte, pasta, riso e prodotti derivati dal pomodoro (come prodotto e come ingrediente contenuto in altri alimenti), la provenienza della materia prima utilizzata. Il consumatore può così avere un’indicazione chiave per capire da dove arriva il cibo che mette in tavola e determinare soprattutto se un alimento è made in Italy.
Questa specifica, (stabilita dal Regolamento 1169 del 2011) che concede agli Stati membri dell’UE la possibilità di ampliare le informazioni in etichetta, è però, salvo sorprese, garantita fino a fine marzo 2020.
Cosa succederà a partire dal 1° aprile è ancora incerto; l’attuale governo italiano sta cercando di correre ai ripari per evitare di veder scomparire quel tassello importante che ci aiuta a scegliere più consapevolmente quello che acquistiamo.
In assenza di novità, il 1° aprile entrerà in vigore la nuova etichettatura di origine comunitaria (Regolamento esecutivo UE 777/2018) che, solo in alcuni casi, sarà sottoposta all’obbligo di indicare la provenienza della materia prima in etichetta.
Quando sarà obbligatorio indicare l’origine della materia prima?
Il regolamento esecutivo prevede che i produttori saranno obbligati a fornire in etichetta le informazioni sull’origine, solo quando il luogo di provenienza dell’alimento è indicato – o anche semplicemente evocato – in etichetta e non è lo stesso di quello del suo ingrediente primario. Per ingrediente primario, come spiega la normativa europea, si intende “l’ingrediente o gli ingredienti di un alimento che rappresentano più del 50% di tale alimento o che sono associati abitualmente alla denominazione di tale alimento dal consumatore e per i quali nella maggior parte dei casi è richiesta un’indicazione quantitativa”.
Ad esempio, se su un pacco di pasta lavorata in Italia compare la bandiera tricolore o un altro simbolo universalmente noto dell’Italia, e il grano utilizzato per realizzarla (cioè l’ingrediente primario) non è italiano, allora il produttore è obbligato a riportarlo in etichetta, altrimenti no. Così come un salume dovrà specificare che la carne proviene da un paese diverso dall’Italia qualora sulla confezione faccia riferimento con “segni o simboli” all’italianità del prodotto.
Si tratta dunque di un regolamento più flessibile rispetto alle specifiche ad oggi ancora in vigore, che permetterà a molti produttori di soprassedere su un’indicazione che è invece molto importante, ossia quella relativa alla provenienza dell’ingrediente primario di uno specifico prodotto. Oggi ad esempio, su un pacco di pasta è sempre obbligatorio inserire l’indicazione della provenienza del grano, a prescindere se sul campo visuale principale dell’etichetta venga o meno indicato o evocato un paese.
Seppur l’indicazione di origine non è di per se’ una garanzia di qualità del prodotto, fornire in etichetta un’informazione aggiuntiva sulla provenienza della materia prima non è solo auspicabile ma aiuta il mercato a fare pulizia come è successo ai pastai che nel 2018, sulla spinta dei consumatori, hanno smesso di acquistare grano dal Canada dove l’uso del glifosato è autorizzato anche prima del raccolto.
Quali sono i rischi?
Il Regolamento non si applica ai prodotti a marchio registrato che, “a parole o con segnali grafici”, indicano di per sé la provenienza del prodotto (compresi gli IGP, DOP, STG e biologico poiché essi sono regolamentati da legislazione dedicata).
Questo particolare è fortemente rischioso perché permette alle aziende che falsificano il cibo italiano di continuare a vendere indisturbate proprio grazie al fatto di avere un marchio registrato che richiama all’Italia.
Inoltre, il Regolamento UE che entrerà in vigore ad aprile lascia anche molta flessibilità sul riferimento geografico dell’origine dell’ingrediente primario (da Ue/non Ue, fino all’indicazione del Paese o della regione).
Fonte: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32018R0775&from=EN